Se sei femmina, e hai tra i trenta e i quarant’anni, è probabile che passi una buona parte delle tue serate a parlare con amiche incinte o che hanno appena avuto un bambino.
Questo post è dedicato a loro, e a tutti i dubbi che mi hanno messo in testa sul senso del nostro passeggiare su questo pianeta in questo tempo: un tempo nel quale guardiamo avanti e indietro con la stessa umana propensione a fare di ogni cosa una storia.
Ma anche un tempo in cui abbiamo il privilegio di poterci informare di persona e soprattutto di fare delle scelte.
Qualche mese fa, in casa sono nati due gemelli.
La mia nonna, classe 1927, ci deve aver pensato su e un giorno mi ha telefonato e mi ha detto, pensierosa: “certo, non deve essere mica facile partorirne due… già farne uno…”.
Ah, ma nonna, rispondo io allegra e con l’impertinente sufficienza della nipote laureata: ovviamente è stato un cesareo!
Sospiro di sollievo. Prosegue: “sai, io i miei due parti li ho sofferti parecchio. Soprattutto il podalico. Mi hanno dovuto ubriacare per farmi partorire, e ci ho messo più di un giorno intero: ricordo i pianti, la disperazione, e io lì che soffrivo… Ma per fortuna voi oggi avete gli ospedali moderni, i chirurghi, l’anestesia, il ce-sa-reo… Eh, oggi è tutto più facile, per fortuna”.
Ecco, se volete sapere che cosa significhi “naturale”, o “come una volta” chiedete pure a mia nonna.
Potete fare altre incursioni nella sua vita privata e per esempio chiederle: “quando sei nata avevate l’elettricità in casa?”. Vi sentirete rispondere con orgoglio: “sì, carina. Sono nata in città, io: in casa avevamo l’elettricità, l’acqua corrente e tutto quanto”.
Certo, una nonna non fa primavera.
Allora prendete la nonna di C e chiedetele di suo fratello morto di tetano all’età di sette anni, se i vaccini, così poco “naturali”, siano utili o meno.
E chiedete a C se qualche giorno fa non abbia pensato a sua nonna e allo zio mai conosciuto, quando ha sentito la mamma di un bambino che giocava con sua figlia gridare al marito: “Attento! Il bambino non deve toccare quella bicicletta arrugginita perché non è vaccinato!”. Chiedete a C se non abbia pensato a quanti giochi abbiamo fatto noi negli anni ottanta, nei campi e nei giardini di città, senza mamme terrorizzate per le vecchie biciclette o per le nostre arrampicate. Anche a noi stesse potremmo concedere un po’ di nostalgia del passato.
Se nemmeno due nonne fanno primavera, guardate le statistiche.
Non significano che oggi non si possano fare le cose “come una volta”, e che per molti di noi possa ancora avere un senso farle così. Né significano che oggi si facciano sempre bene, senza abusi o eccessi.
Però significano che inseguire il “come una volta” a tutti i costi comporta diversi rischi, che a noi per fortuna è concesso di evitare.
Quello di morire di parto, per esempio.
Quello di partorire ubriache. E di diventare le prime alfiere del modernismo in famiglia.
Prima e dopo i gemelli, di amiche incinte ne ho viste parecchie. La tentazione del “naturale” ha colto quasi tutte, ma per fortuna quasi tutte hanno poi partorito come era meglio per ciascuna di loro: qualcuna per via naturale, con o senza anestesia, e, purtroppo o per fortuna, qualcuna col cesareo.
La questione vaccini è stata affrontata da tutte con grande buon senso, anche se pure lì la tentazione di credere alle panzane internettiane a qualcuna è venuta. Poi ci si sono messe le fisse su saponi, vestitini, giocattoli, pannolini, attrezzi per trasportare neonati, sostanze chimiche, tossici vari, alimenti, pianti di notte, cacche e cacche, coliche, doppie pesate, poppate e latti, svezzamenti, bagnetti, ruttini e chi più ne ha più ne metta, riassumibili, pare a me da semplice osservatrice esterna, nella frase “tutto e il contrario di tutto”.
Ciascuna delle discussioni sui temi precedenti mi ha però lasciato a riflettere sulla strana tentazione di riferirsi a una “tradizione” che in realtà è figlia della nostra innata tendenza mitopoietica, ma non è vera.
Perché non c’è niente di più “tradizionale”, per noi che viviamo qui e oggi, di una medicina con venticinque secoli di storia sulle spalle, che è stata capace nel tempo di farsi scientifica. Soprattutto che oggi ci permette di non morire di tetano preso in giardino, di fare figli anche se grandicelle, se lo vogliamo, e di farli sani. E di vivere abbastanza a lungo e abbastanza bene da poter impugnare un cellulare a 87 anni e commentare quello che succede, oggi, alle nipoti nei reparti maternità.