Non fate dibattiti aperti e chiamate solo le voci della (…) scienza ufficiale.
Se fai la giornalista scientifica, capita che tu ti metta nei guai per una cosa che, se fai la giornalista scientifica, è ovvia. Cioè sì: chiamo solo le voci della scienza ufficiale.
Perché dovrei far finta che l’oroscopo e astrusità dichiaratamente fuori da ogni crisma del metodo scientifico siano scienza? Sarei onesta se intavolassi un dibattito tra un medico e un sostenitore della qualcosaterapia o tra un fisico particellare e un prete? Sarei onesta se contrapponessi a una pubblicazione scientifica un opuscolo pieno di voci, di si dice, del semprevalido è sotto gli occhi di tutti e di vaghezze di questo tipo?
Non credo.
Eppure in Italia vige da tempo l’idea che, per ogni cosa, ci debbano essere due campane.
La chiamiamo par condicio ed è il letto di Procuste di ogni dibattito pubblico.
Il problema è che la par condicio comporta la rinuncia alla competenza. E la rinuncia alla competenza è una falsa libertà.
Perché chiede di far finta di credere che l’opinione di uno che di mestiere studia, da anni, e magari con fondi pubblici, una cosa che è importante studiare, valga quanto l’opinione, magari carica di emotività e di preoccupazioni, di qualcuno che porta come prova il si vede benissimo e che come fonte ha Google, il vicino di casa o il best-seller di un famoso truffatore (magari medico, perché non mancano mai i truffatori medici).
Diventa in fretta anche il pensare che quello di cui sopra che lavora con fondi pubblici debba essere messo a discutere con quello che lavora per il proprio interesse, per dire, perché (magari anche legittimamente, eh) fa profitti con un business in qualche modo collegabile a quella ricerca, e magari per qualche euristica tutta nostra si colloca all’opposto dello spettro dello scienziato ufficiale.
Intendo. Anche le cose che decidiamo essere buone si comprano e si vendono, e qualcuno ci guadagna. Perciò, anche se abbiamo deciso che quelle sono cose buonissime, non dovremmo chiedere che nel dibattito scientifico a quello di cui sopra che studia con fondi pubblici si contrapponga il produttore di bontà. Perché se anche le competenze sono simili è ovvio che gli interessi sono diversi.
Quindi le tre voci (quella di chi studia per la collettività, quella di chi non studia ma ha voglia di parlare, e quella di chi studia, semmai, per sé) non possono avere la stessa dignità. Non c’è par condicio che tenga, qui.
Poi ci sono le situazioni in cui si trovano competenze da entrambe le parti.
Onestamente, non è mai 50% e 50%: il più delle volte è 90% a 10%, a essere generosi, e comunque nella scienza non ci sono mai guelfi e ghibellini, per fortuna, e le cose sono sempre più articolate e dialettiche di due percentuali.
Ma per chi ti accusa di non chiamare le due campane questo non conta. Le campane sono due, devono essere due, e devono suonare in maniera diversa.
Lì si fa più difficile: se fai il giornalista, e non sei anche botanico, non hai una posizione su un tema, appunto, botanico. E ti affidi al botanico per la ragione delle competenze di cui sopra.
Ma se fai il giornalista scientifico sai anche che i botanici non sono tutti uguali. Ed è ovvio che devi fare una scelta. Sta alla tua professionalità e alla tua etica quella di fare questa scelta usando gli strumenti più adatti a un dibattito scientifico (strumenti che esistono e sono oggettivi).
Infine ci sono le situazioni in cui tu sei lì, a spiegare tutto questo, a difenderti dall’accusa di faziosità mossa da un gruppo di manichei, e ti trovi a ricevere una selva di insulti.
Va bene, ci si fa il callo. Alle volte non sono nemmeno insulti, e poi non è detto che vergogna! lo sia. Ma perché tanta animosità?
Mi è successo stamani, parlando alla radio di come costruiamo, alla radio, i dibattiti sui temi controversi, tipo gli Ogm. Sì, ho detto Ogm. E so già che qui ci sarà qualcuno pronto a scrivere qui sotto che sono venduta alle multinazionale dei semini. Ma non sprecate tempo: sareste i 435042953esimi a dirmi questa baggianata. A me non mi paga nessuno, proprio nessuno (ma questo è un piccolo dramma personale su cui non mi dilungherò).
Comunque, che vi abbia convinti o no, sappiate che anche dalla buriana di stamani sono uscita viva.
Tra i tanti commenti alla storia, vi riporto quello della collega di esperienza che mi ha detto: Però, sei brava… Dovresti farlo di mestiere! La Sansebastiana, intende.
E quello mio che è scappato dalle mie dita. È successo quando l’anonima ascoltatrice mi ha scritto per dirmi che sì, va beh, gli Ogm, la scienza ufficiale, dispiace per la reazione virulenta del pubblico, che però… ma per me siete sempre bravissimi, eh, comunque! Mi sono trovata a rispondere, lì per lì senza pensarci, tranquilla, sono abituata agli insulti: faccio la giornalista scientifica!